Ortopedia Mancini
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Ortoprotesi per amputazioni parziali del piede e malformazioni

Introduzione

In caso di amputazioni parziali del piede o gravi malformazioni esistono diversi interventi ortesici che si possono attuare a seconda dell’obiettivo terapeutico che si vuole perseguire e al grado di autonomia che si vuole garantire al paziente.

Per raggiungere questo obiettivo, è necessario il team multidisciplinare (composto da Medico, Fisioterapista, Tecnico ortopedico e gli altri Specialisti) . A seconda del livello di amputazione o al tipo di malformazione la protesizzazione viene solitamente effettuata utilizzando concetti di trattamento tradizionali. Tuttavia, c’è ancora molto potenziale non sfruttato in questo settore.

 

AMPUTAZIONI PARZIALI DEL PIEDE

Con “amputazione” si intende la rimozione chirurgica di un intero arto o di una parte di esso. Nel caso di un’amputazione parziale del piede, la porzione distale del piede viene amputata mentre l’articolazione tibiotarsica viene conservata. L’obiettivo perseguito mediante l’amputazione è quello di creare una solida base per ripristinare la capacità di camminare.
Il ricorso a un’amputazione è sempre l’ultima risorsa e viene eseguita solo quando non c’è più alcuna possibilità di preservare la parte del corpo interessata. Può essere necessario eseguire un’amputazione anche in caso di gravi conseguenze per la salute o intensi dolori cronici.

Cause del ricorso ad amputazioni:

  • 87 % per arteriopatia obliterante periferica (AOP) e sindrome del piede diabetico
  • 4 % per trauma
  • 4 % per tumori e infezioni
  • 0,2 % per malformazioni congenite (dismelia)
  • 5 % per altre cause

Complicazioni

Le complicazioni che si possono verificare in seguito a un’amputazione sono dovute a errori durante l’intervento chirurgico, a una protesi mal adattata o da calzature sbagliate.
Un adattamento della protesi non corretto può essere la conseguenza di un’inadeguata invasatura dell’arto residuo o da un aumento del volume del moncone. La pressione esercitata sul moncone può causare dolore al moncone e/o un’ulcera da pressione. D’altra parte, una riduzione del volume del moncone determina una mancanza di contatto tra il moncone e la protesi, favorendo così la formazione di edemi.
Nella tecnica chirurgica, per esempio, delle ossa non arrotondate nel moncone o una copertura troppo stretta dei tessuti molli può portare alla perforazione dei tessuti molli e all’infiammazione dei siti corrispondenti. Se l’amputazione causa un trauma eccessivo ai nervi, il paziente soffre solitamente di dolore al moncone e/o riferiti all’arto fantasma. In molti casi, tali complicazioni comportano una revisione del moncone, cioè una successiva amputazione che accorcia ulteriormente il moncone e rende necessario un adattamento della protesi.

OBIETTIVO TERAPEUTICO:

Posizione fisiologica in piedi e in deambulazione

L’obiettivo del trattamento ortesico è quello di ripristinare una condizione fisiologica ideale sia quando si sta in posizione eretta sia in fase dinamica nel modo migliore e più simile possibile alla normalità. Nella tabella sottostante, per esempio, sono illustrate le singole fasi dell’andatura fisiologica. Due fattori hanno un’influenza significativa sulla posizione eretta e sulla deambulazione in sicurezza:

  1. Lunghezza del moncone: la lunghezza dell’arto residuo amputato ha i seguenti effetti sulla posizione eretta e sulla deambulazione:
  • in posizione eretta: riduzione della superficie di appoggio e quindi riduzione della stabilità.
  • durante la deambulazione: limitazioni di movimento come risultato di un’alterazione nella trasmissione della forza (ad es. lunghezza del passo ridotta, deambulazione asimmetrica, velocità del passo ridotta)
  1. Rimozione di muscoli e tendini

Per mantenere un moncone sano e resistente è necessario tenere conto dei seguenti aspetti importanti:

  • preparazione ottimale (ad es. spiegazione delle procedure al paziente, scelta oculata del livello di amputazione);
  • esecuzione accurata dell’operazione (ad es. arrotondare le estremità delle ossa sul moncone);
  • follow-up accurato (ad es. gestione delle ferite).
  • Il trattamento ortesico da parte del tecnico ortopedico dovrebbe tenere conto nel modo più accurato possibile dell’effettiva situazione determinata dal moncone ed un fisioterapista qualificato, con un addestramento intensivo alla deambulazione, mira a sfruttare al massimo l’ampiezza di movimento rimanente e a ridurre qualsiasi squilibrio muscolare esistente.

IL TRATTAMENTO ORTESICO

Requisiti per un trattamento ortesico

A seconda del livello di amputazione ci sono vari requisiti biomeccanici. Più la linea dell’amputazione è prossimale, più l’articolazione tibiotarsica anatomica deve essere stabilizzata e la funzione persa compensata. Una ortoprotesi per i pazienti con amputazioni parziali del piede è concepita per ripristinare la funzione della leva dell’avampiede, sostituire la funzione muscolare persa e fornire un equilibrio stabile e dinamico. La mobilità residua dell’articolazione tibiotarsica anatomica deve essere limitata solo in misura minima al fine di poter imitare il più fedelmente possibile la deambulazione fisiologica.

Problemi con trattamenti utilizzati finora:

  • Protesi per dita del piede o avampiede
    Una protesi semplice per dita del piede o avampiede è usata in caso di perdita di una, più o tutte le dita del piede. Se prevale una funzione estetica, di solito viene realizzata in silicone per la pura compensazione del volume. In caso di perdita dell’alluce è necessaria anche una compensazione funzionale sotto forma di suola in carbonio. Tuttavia, una compensazione del volume collocata nella scarpa senza fissaggi può causare irritazioni e punti di pressione all’estremità distale del moncone durante la deambulazione.ù

 

  • Protesi per dita del piede con guida per mesopiede
    In caso di perdita di tutte le dita del piede, si può usare una protesi per la sostituzione dell’avampiede con una tomaia che si estenda sul mesopiede. Una protesi del genere per le dita dei piedi è realizzata principalmente in silicone e permette una buona forma unitaria e una vestibilità ottimale sul moncone. Tuttavia offre solo una compensazione del volume perso e non delle funzioni corrispondenti. A causa dell’amputazione, viene meno la funzione dei flessori corti delle dita del piede per sostenere la preoscillazione. Questa limitazione non può essere compensata da una protesi d’alluce, o solo in modo incompleto.

 

  • Protesi del piede che non include il malleolo
    Le protesi del piede che non includono il malleolo sono disponibili in vari modelli strutturali: una semplice invasatura del moncone con avampiede o una semplice protesi in silicone Una presa sicura sul moncone è assicurata da un coefficiente di attrito statico aumentato o dalla forma unitaria di un supporto per il tallone. Queste due varianti offrono un buon comfort. L’articolazione tibiotarsica anatomica rimane libera, il che limita solo in modo ridotto i movimenti del piede. L’aspetto esteticamente gradevole è un vantaggio individuale della protesi di silicone. Tuttavia, la trasmissione della forza è gravemente limitata, soprattutto nel caso di una semplice invasatura del moncone, e la leva dell’avampiede non è ripristinata in modo adeguato. Pertanto, le protesi del piede che non includono il malleolo, non sono adatte a carichi elevati e/o prolungati.

 

  • Protesi del piede che non include il malleolo + ortesi della parte inferiore della gamba
    Per compensare la funzionalità mancante, specialmente nel caso di monconi del piede corti, le protesi di piede che non includono il malleolo sono spesso combinate con ortesi con telaio in carbonio realizzate su misura . In questo caso il movimento nell’articolazione tibiotarsica anatomica viene bloccato.  Se l’ortesi è dotata di una parte del piede flessibile, le forze di taglio agiscono sull’estremità del moncone, causando punti di pressione.

 

 

Nuove possibilità con l’Ortoprotesi con articolazione NEURO SWING

Una componente dinamica che includa il malleolo è il complemento ottimale, infatti, l’integrazione dell’articolazione tibiotarsica modulare NEURO SWING permette la stabilizzazione la tibiotarsica attraverso una battuta dorsale dinamica con contemporanea libertà di movimento. Grazie alla possibilità di regolazione di forza elastica e libertà di movimento, è possibile reagire ai cambiamenti della situazione del moncone. Le unità elastiche precompresse permettono un controllo ottimale delle forze che si che si generano in posizione eretta e durante la deambulazione.

Unità elastiche precompresse

Per portare un corpo a un equilibrio stabile deve essere attivata la leva dell’avampiede. Le unità elastiche precompresse con elevata resistenza di base assicurano un equilibrio dinamico e stabilità. In questo modo si assicura una posizione eretta e una deambulazione sicura su terreni diversi. Dal momento che non occorre nessun ausilio supplementare oltre all’ortoprotesi, le mani sono libere di svolgere le normali attività quotidiane. In caso di debolezza dei flessori plantari, è possibile l’attivazione dinamica della leva dell’avampiede, creando un momento di estensione del ginocchio e garantendo la sicurezza di quest’ultimo.

Effetti sulla terminal stance:

  • Distacco del tallone
  • Baricentro del corpo ad altezza fisiologica
  • Normale flessione del ginocchio sul lato gamba controlaterale
  • Miglioramento del consumo di energia durante la deambulazione

Molle non precompresse

Le tradizionali molle a spirale devono essere fortemente compresse per produrre resistenza. La resistenza di base non presente, dovuta alla mancanza di precompressione, porta a un cedimento della molla sotto il carico nella posizione eretta e, a causa dell’assenza di sicurezza, a una posizione eretta e deambulazione instabile. Di conseguenza è necessario l’utilizzo di ausili come le stampelle sull’avambraccio o il deambulatore. Le mani pertanto vengono usate come appoggio. In caso di debolezza dei flessori plantari, non è possibile l’attivazione dinamica della leva dell’avampiede, per cui manca il momento di estensione del ginocchio e la sicurezza di quest’ultimo viene ridotta.

Effetti sulla terminal stance:

  • Nessun distacco del tallone
  • Baricentro del corpo troppo basso
  • Flessione eccessiva del ginocchio sul lato gamba controlaterale
  • Consumo eccessivo di energia durante la deambulazione

Trattamenti a confronto:

 

L’ortoprotesi con articolazione NEURO SWING ha una battuta dorsale dinamica con unità elastica ventrale che permette l’attivazione della leva dell’avampiede. In tal modo si raggiunge un equilibrio stabile e allo stesso tempo dinamico nella posizione eretta, un’estensione dinamica del ginocchio nella late mid stance e un sollevamento fisiologico del tallone nella terminal stance. Un prerequisito importante a tal fine è che le unità elastiche siano precompresse. La battuta dinamica dorsale impedisce un’eventuale iperestensione del ginocchio e lo spostamento del moncone nella protesi.

 

 

I requisiti per una protesi possono cambiare, a volte drasticamente, nel corso della terapia o a causa di una revisione del moncone. Al fine di evitare un nuovo trattamento dispendioso, dovrebbe essere possibile adattare il trattamento protesico in caso di un cambiamento del moncone. Con l’Ortoprotesi la forza elastica può essere modificata sostituendo le unità elastiche dorsali e ventrali. A tal fine sono disponibili in tutto cinque unità elastiche con varie forze elastiche, da normale a estremamente elevata.

 

 

Per ottenere una deambulazione fisiologica è essenziale adattare i rapporti di leva della protesi al paziente (tuning). Grazie alla struttura regolabile, il tecnico ortopedico può anche reagire a un eventuale peggioramento del piede equino ed adattare l’ortoprotesi a diverse altezze di tacco. Inoltre, si possono correggere errori minori di posizione nella tecnica di modellazione.

 

 

 

Un punto di rotazione meccanico definito a livello del malleolo gioca un ruolo importante per la battuta dorsale dinamica e quindi per l’attivazione della leva dell’avampiede. Il movimento rotatorio centrato dell’Ortoprotesi evita che la scocca della parte inferiore della gamba si sposti o che la protesi di piede che non include il malleolo scivoli sul moncone in caso di carichi elevati e/o prolungati. Un punto di rotazione definito è anche un prerequisito per una flessione plantare passiva.

 

 

La flessione plantare passiva permette di abbassare il piede ed è un importante meccanismo di ammortizzazione degli urti durante la risposta al carico. Grazie alla libertà di movimento in flessione plantare con l’Ortoprotesi è possibile evitare un’eccessiva coppia di serraggio nel ginocchio nella loading response. Questo permette un carico fisiologico del quadricipite e la flessione del ginocchio. Previene anche atrofie muscolari e contratture.

 

 


La flessione plantare passiva è attivata dalla leva del tallone che va dal punto di appoggio del tallone al malleolo. Gli estensori dorsali controllano la funzione della leva del tallone per evitare un abbassamento incontrollato del piede. Questo controllo muscolare si perde quando gli estensori dorsali vengono rimossi durante l’amputazione. L’Ortoprotesi permette la funzione di leva del tallone contro la resistenza dell’unità elastica dorsale poiché sono disponibili un punto di rotazione definito e la libertà di movimento nella flessione plantare. In questo modo, l’insorgenza di contratture può essere contrastata e si può favorire il ripristino di un’andatura fisiologica che sia il simile possibile a quella normale. La resistenza dell’unità elastica dorsale può essere regolata con precisione in funzione della forza del controllo muscolare perso a causa dell’amputazione.

 

 

Dopo un intervento chirurgico o una revisione del moncone, l’immobilizzazione temporanea dell’articolazione tibiotarsica anatomica è appropriata in certi casi. Con l’Ortoprotesi, la libertà di movimento può essere bloccata e ripristinata gradualmente. Questo permette un esatto adattamento all’ampiezza di movimento dell’articolazione anatomica dell’articolazione tibiotarsica risultante dall’amputazione.

 

 

 

Le forze di taglio devono essere evitate il più possibile affinché il moncone sensibile nella protesi sia protetto in modo ottimale. Questo requisito deve essere preso in considerazione soprattutto nel trattamento protesico dei diabetici poiché molti di questi pazienti non sono in grado di percepire gli stimoli. Il punto di rotazione definito e la battuta dorsale dinamica dell’Ortoprotesi impediscono il cosiddetto fenomeno di shifting, il quale produce forze di taglio sul moncone. Pericolosi picchi di pressione sul moncone possono anche essere minimizzati dal design mirato e personalizzato della parte del piede.

 

 

ALTERAZIONI BIOMECCANICHE

Le amputazioni parziali del piede influenzano significativamente la biomeccanica della posizione eretta e della deambulazione. Il grado di limitazione dipende dal livello di amputazione e dalla conseguente perdita di strutture muscolari e ossee. Questa perdita si traduce in un accorciamento funzionale della leva dell’avampiede, un cambiamento dell’equilibrio muscolare tra flessori plantari ed estensori dorsali e una riduzione dello sviluppo della forza dei gruppi muscolari coinvolti nella posizione eretta e nella deambulazione.

Perdita di strutture ossee

Lo scheletro del piede costituisce la superficie d’appoggio e quindi la base statica per la posizione eretta e la deambulazione. Nella posizione eretta fisiologica, il carico è distribuito sul tallone e sulla zona metatarsale di alluce e mignolo, mentre durante l’andatura anche le dita dei piedi costituiscono una parte fondamentale della superficie di appoggio per il baricentro del corpo. Dopo un’amputazione parziale del piede, le strutture ossee dell’estremità distale del moncone limitano questa superficie di appoggio. Più corto è il moncone, più piccola è la superficie d’appoggio nella posizione eretta su una ed entrambe le gambe.

Accorciamento strutturale della leva dell’avampiede

Nel piano sagittale, quando la lunghezza del moncone diminuisce, l’angolo del calcagno (2) e quindi l’arco longitudinale dell’arcata plantare si appiattisce, con conseguente aumento del piede equino e un accorciamento funzionale della lunghezza della gamba. La perdita di strutture ossee contribuisce significativamente all’accorciamento strutturale della leva dell’avampiede (1).

Perdita di strutture muscolari

Con un’amputazione parziale del piede, i muscoli lunghi del piede vengono conservati. Nel corso dell’operazione, i muscoli plantari corti del piede e l’aponeurosi plantare sono utilizzati per la copertura dei tessuti molli durante la chiusura dell’estremità del moncone. Poiché sia i muscoli corti del piede sia l’aponeurosi plantare stabilizzano l’arco longitudinale dell’arcata plantare mediale, si aggrava ulteriormente l’appiattimento dell’angolo del calcagno causato dalla perdita delle strutture ossee.
La perdita delle strutture muscolari ha due effetti che influenzano significativamente la sicurezza della posizione eretta e della deambulazione:

  • un cambiamento nell’equilibrio muscolare;
  • una riduzione dello sviluppo della forza.

Cambiamento dell’equilibrio muscolare

I muscoli lunghi del piede interessati dall’amputazione perdono la loro inserzione nell’osso con conseguente squilibrio muscolare. Il muscolo tricipite della sura esercita un’elevata trazione dei flessori plantari sul moncone attraverso il tendine d’Achille, con la conseguente formazione di un piede equino. Più l’amputazione è prossimale, più gli estensori dorsali che controllano questa trazione perdono la loro inserzione. Questo squilibrio è particolarmente evidente nelle amputazioni Bona-Jäger o Chopart a causa della perdita del muscolo tibiale anteriore. A causa della posizione plantare del moncone, l’ampiezza di movimento dell’articolazione tibiotarsica superiore è fortemente limitata, il che può portare a contratture.

Riduzione dello sviluppo di forza

La disattivazione dei muscoli lunghi e corti del piede associata all’amputazione riduce lo sviluppo della forza degli estensori dorsali e dei flessori plantari. Entrambi i gruppi muscolari sono rilevanti per la posizione eretta e la deambulazione fisiologica. I flessori plantari, per esempio, assicurano l’attivazione della leva dell’avampiede, mentre gli estensori dorsali assicurano l’elevazione del piede nella fase di oscillazione. L’entità di questa riduzione dipende dal numero di muscoli ancora funzionanti.

Accorciamento funzionale della leva dell’avampiede

La biomeccanica della posizione eretta e della deambulazione è in gran parte determinata dall’azione del punto di rotazione anatomico (D) dell’articolazione tibiotarsica superiore in interazione con la leva dell’avampiede (v) e la leva del retropiede (r).
Le limitazioni biomeccaniche in posizione eretta e durante la deambulazione nei pazienti con amputazioni parziali del piede sono dovute principalmente all’accorciamento della leva dell’avampiede. Se non c’è amputazione, la leva dell’avampiede è attivata dai flessori plantari e provoca un risparmio di energia nella posizione eretta e nella deambulazione. Durante la deambulazione avviene un distacco fisiologico del tallone, l’estensione del ginocchio e l’innalzamento del baricentro del corpo in terminal stance. Lo scopo di trattamento è la compensazione della perdita di strutture ossee e muscolari causata dall’amputazione. Si basa sulla sostituzione delle strutture ossee rimosse con una leva meccanica dell’avampiede.

La leva dell’avampiede può essere attivata tramite un collegamento meccanico senza articolazioni alla leva dell’avampiede, come nella tecnica ortopedica classica (1). Tuttavia, per favorire e mantenere la mobilità dell’articolazione tibiotarsica superiore, l’attivazione avviene preferibilmente tramite un’articolazione meccanica (2) con una battuta dorsale statica (2a) o, meglio ancora, dinamica (2b).

CLASSIFICAZIONE DELLE AMPUTAZIONI PARZIALI DEL PIEDE

Per adattare in modo ottimale il trattamento ortesico al paziente, è necessario tener conto delle condizioni individuali della muscolatura e delle ossa del piede. Per strutturare e sistematizzare i trattamenti protesici, le varie amputazioni sono assegnate a tipologie con medesimi requisiti per un trattamento protesico. La classificazione tiene conto della lunghezza della leva dell’avampiede, dell’equilibrio muscolare tra i flessori plantari (FP) e gli estensori dorsali (ED) e dello sviluppo della forza degli estensori dorsali.
Esempio: per il tipo 1, le inserzioni dei flessori e degli estensori corti e lunghi delle dita del piede non sono più presenti, per cui lo sviluppo della forza degli estensori dorsali è limitato nonostante l’equilibrio muscolare.

 

Tipo 1, Alterazioni biomeccaniche

 

Il tipo 1 comprende monconi dopo la disarticolazione delle dita del piede, la resezione dei raggi o l’amputazione nella zona metafisaria delle teste metatarsali (Sharp). La leva dell’avampiede rimane relativamente lunga (1). La superficie di appoggio è appena ridotta nella posizione eretta e nella fase di appoggio durante la deambulazione. L’angolo del calcagno è minimamente appiattito, motivo per cui il moncone presenta solo una leggerissima deformazione in piede equino (2) e la differenza di lunghezza delle gambe è minima.

 

 

Le inserzioni dei flessori corti e lunghi delle dita del piede non sono più presenti. La disattivazione di questi gruppi muscolari porta a una perdita di pretensionamento passivo nel preswing, eliminando il supporto di push off  per iniziare la fase di oscillazione. L’equilibrio muscolare tra estensori dorsali e flessori plantari è bilanciato. Lo sviluppo della forza di entrambi i gruppi muscolari è quasi completamente normale.

 

Ortoprotesi con articolazione NEURO SWING® è composta da:

  • Scocca ventrale alta per parte inferiore della gamba:
    La scocca ventrale alta per la parte inferiore della gamba aderisce alla tibia. Questo permette al paziente di applicare il suo peso corporeo direttamente all’Ortoprotesi, come se indossasse uno scarpone da sci. Questa caratteristica permette l’attivazione diretta della leva dell’avampiede tramite la battuta dorsale dinamica.
  • Parte del piede con invasatura del moncone:
    L’invasatura è parte integrante dell’Ortoprotesi. Per posizionare in modo ottimale la pelle e i tessuti molli il moncone deve essere protetto dalla pressione e dalle forze di taglio e, oltre ad ammortizzare, l’invasatura serve anche a sostituire le dita dei piedi.
  • Articolazione tibiotarsica modulare NEURO SWING:
  • Posizione eretta:
    La battuta dorsale dinamica attiva la leva meccanica dell’avampiede, fornendo così una superficie d’appoggio fisiologica e un equilibrio stabile.
  • Deambulazione:
  • Tra la MID STANCE e la TERMINAL STANCE il movimento di avanzamento della tibia genera energia diretta all’unità elastica ventrale. La battuta dorsale dinamica permette il distacco del tallone e quindi una lunghezza del passo fisiologica.
  • Nel PRE SWING questa energia viene rilasciata e, insieme alla parte del piede parzialmente flessibile, supporta la flessione del ginocchio nell’inizio della fase di oscillazione. La libertà di movimento dell’unità elastica nella direzione dell’estensione dorsale favorisce l’allungamento dei flessori plantari lunghi.

 

Tipo 2, alterazioni biomeccaniche

Il tipo 2 comprende monconi dopo l’amputazione nella regione metafisaria alle basi dei metatarsi (Sharp-Jäger) e monconi dopo l’amputazione tarsometatarsale (Lisfranc). La leva dell’avampiede è di media lunghezza (1) e la superficie d’appoggio è ridotta, causando limitazioni nella posizione eretta e nella deambulazione. L’appiattimento dell’angolo del calcagno (2) provoca una deformazione in piede equino e in una lieve differenza di lunghezza delle gambe.

 


Nel caso di rimozione completa dei metatarsi (Lisfranc), il ramo del muscolo tibiale anteriore che si inserisce nella base superiore del primo osso metatarsale viene rimosso. Oltre alle limitazioni descritte per il tipo 1, il controllo della flessione plantare e della supinazione legati al muscolo tricipite della sura diminuisce. L’equilibrio muscolare tra estensori dorsali e flessori plantari è sbilanciato a favore dei flessori plantari. Lo sviluppo della forza in particolare degli estensori dorsali è notevolmente ridotto.

 

Ortoprotesi con articolazione NEURO SWING® è composta da:

  • Scocca ventrale alta per parte inferiore della gamba:
    La scocca ventrale alta per la parte inferiore della gamba aderisce alla tibia. Questo permette al paziente di applicare il suo peso corporeo direttamente all’ Ortoprotesi come se indossasse uno scarpone da sci. Questa caratteristica permette l’attivazione diretta della leva dell’avampiede tramite la battuta dorsale dinamica.
  • Parte del piede con invasatura del moncone:
    L’invasatura è parte integrante dell’Ortoprotesi, il moncone, infatti, deve essere protetto dalla pressione e dalle forze di taglio. L’invasatura serve anche a sostituire l’avampiede ed a compensare la lieve differenza di lunghezza delle gambe.
  • Articolazione tibiotarsica modulare NEURO SWING:
  • Posizione eretta:
    La battuta dorsale dinamica attiva la leva meccanica dell’avampiede, fornendo così una superficie d’appoggio fisiologica e un equilibrio stabile.
  • Deambulazione:
  • Nella MID STANCE la parte del piede lunga parzialmente flessibile ripristina nuovamente la leva dell’avampiede.
  • La battuta dorsale dinamica permette un equilibrio stabile nella LATE MID STANCE e un movimento di avanzamento della tibia controllato, contribuendo a una stabilità ottimale del ginocchio.
  • Nella TERMINAL STANCE la battuta dorsale dinamica fornisce mobilità sul punto di rotazione dell’articolazione meccanico definito nella direzione dell’estensione dorsale, estendendo i flessori plantari. La resistenza generata dalle unità elastiche precompresse permette il distacco del tallone e quindi una lunghezza del passo fisiologica.
  • L’allungamento dei flessori plantari nel PRE SWING supporta l’inizio della fase di oscillazione.

 

Tipo 3, alterazioni biomeccaniche

Il tipo 3 comprende monconi dopo l’amputazione nella zona transtarsale (Bona-Jäger oppure Chopart). La leva dell’avampiede è corta (1) e la superficie di appoggio è molto ridotta, il che implica notevoli limitazioni in posizione eretta e durante la deambulazione. A causa dell’appiattimento dell’angolo del calcagno (2), si sviluppa una chiara deformazione in piede equino e una significativa differenza di lunghezza delle gambe.

 

In questo tipo, l’ultimo ramo del muscolo tibiale anteriore e il muscolo peroneo terzo eliminano tutte le inserzioni dei muscoli che controllano la flessione plantare e la supinazione del muscolo tricipite della sura. A causa della forte posizione di flessione plantare del moncone e della mancanza di libertà di movimento dell’articolazione tibiotarsica superiore, sussiste il rischio di sviluppare contratture dolorose. L’equilibrio muscolare tra estensori dorsali e flessori plantari è sbilanciato con una netta predominanza dei flessori plantari.

 

Ortoprotesi con articolazione NEURO SWING® è composta da:

  • Scocca ventrale alta per parte inferiore della gamba:
    La scocca ventrale alta per la parte inferiore della gamba aderisce alla tibia. Questo permette al paziente di applicare il suo peso corporeo direttamente all’ Ortoprotesi come se indossasse uno scarpone da sci. Questa caratteristica permette l’attivazione diretta della leva dell’avampiede tramite la battuta dorsale dinamica.
  • Parte del piede con invasatura del moncone:
    L’invasatura del moncone è parte integrante dell’Ortoprotesi. Oltre ad ammortizzare l’estremità del moncone serve anche a sostituire l’avampiede ed il mesopiede ed a compensare la differenza di lunghezza delle gambe assieme alla scarpa.
  • Articolazione tibiotarsica modulare NEURO SWING:
  • Posizione eretta:
    La battuta dorsale dinamica attiva la leva meccanica dell’avampiede, fornendo così una superficie d’appoggio fisiologica e un equilibrio stabile.
  • Deambulazione:
  • Nella MID STANCE la parte del piede lunga parzialmente flessibile ripristina nuovamente la leva dell’avampiede, la quale viene attivata dalla forza estremamente elevata dell’unità elastica dell’articolazione.
  • La battuta dorsale dinamica permette un equilibrio stabile nella LATE MID STANCE e un movimento di avanzamento della tibia controllato, contribuendo a una stabilità ottimale del ginocchio.
  • Nella TERMINAL STANCE la battuta dorsale dinamica fornisce mobilità sul punto di rotazione dell’articolazione meccanico definito nella direzione dell’estensione dorsale, estendendo i flessori plantari. La resistenza di base generata dalle unità elastiche precompresse permette il distacco del tallone e quindi una lunghezza del passo fisiologica.
  • L’allungamento dei flessori plantari nel PRE SWING supporta l’inizio della fase di oscillazione.

 

MALFORMAZIONI DEL PIEDE

Nei casi di gravi malformazioni del piede (es. piede equino-addotto-supinato) la superficie di appoggio del piede risulta estremante ridotta. Il paziente non riesce ad utilizzare il piede come leva podalica quindi presenta sia un deficit deambulatorio che della stazione eretta.

Questo tipo di malformazioni vengono trattate dal punto di vista ortesico con calzature su misura e plantari ma spesso questo trattamento non è sufficiente per garantire stabilità ed autonomia.

 

Nuove possibilità con una Ortoprotesi

È possibile realizzare un’Ortoprotesi in fibra di carbonio e fibra di vetro con le seguenti caratteristiche:

  • La valva posta anteriormente per favorire un facile accesso del piede e per sfruttare la cresta tibiale come punto di contro-rotazione ed evitare torsioni durante la deambulazione.
  • Nel caso sia richiesta grande stabilità o in presenza di limitazioni importanti dell’escursione articolare della tibio-tarsica (es: artrodesi) la protesi può essere progettata senza articolazione (vedi foto accanto).
  • Superiormente la linea di taglio è realizzata al livello del terzo medio superiore della tibia, sotto l’articolazione del ginocchio. Questa altezza è stata studiata per sfruttare un braccio di leva quanto più lungo possibile.
  • Una linguetta posteriore, dal calcagno alla caviglia, che asseconda la forma della stessa per evitare il sollevamento del tallone durante la deambulazione e garantire una maggior solidarizzazione tra arto e ortoprotesi.
  • La forma del piede protesico realizzata in extrarotazione di 10° rispetto all’asse del ginocchio per allargare la base d’appoggio e garantire una maggiore stabilità (se necessario).
  • Plantare interno realizzato su calco in materiale morbido per scaricare i punti di iperpressione.
  • Imbottitura terminale di riempimento.
  • Lamina in carbonio sul fondo per ripristinare una corretta leva podalica.

Al fine di raggiungere il miglior risultato possibile anche la calzatura su misura deve essere considerata nel progetto ortesico in quanto il tacco andrà a influire sulla realizzazione dell’ortoprotesi e l’adeguata larghezza della scarpa aiuterà a conferire la stabilità necessaria.

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